martedì 29 marzo 2016

IMPRONTE NELLA SABBIA

Se le coincidenze non fossero solo coincidenze ma custodissero un messaggio o addirittura il destino di una persona allora potrei raccontarvi che sono nata il 5 agosto, lo stesso giorno in cui venne posata la prima pietra di Sabaudia. E fu proprio Sabaudia ad accogliermi quando avevo qualche giorno appena.
La città sorge nell'Agro Pontino, una vasta pianura a sud di Roma, e si caratterizza per il suo litorale di dune sabbiose, inserito nel più ampio contesto del Parco Nazionale del Circeo.
Fu lì che i miei genitori decisero di comprare casa nel 1989, una settimana prima della mia nascita (il 29 luglio, giorno del mio onomastico! altra coincidenza!).
Era il terzo piano di un piccolo residence. Le ringhiere bianche e gialle delle palazzine spiccavano sul nero delle mattonelle di cui erano rivestite. C'erano più ingressi, quello principale dava sul cortile. Una volta entrati, vedevi aprirsi nel pavimento in porfido un grande occhio che dava sul parcheggio sotterraneo. Quand'ero alta meno di un metro cercavo di arrampicarmi per vedere cosa ci fosse sotto, ma a malapena riuscivo a intravedere il pavimento rosso. Una scaletta in muratura, stretta da far passare una persona per volta, ed un passaggio, nascosto tra i muri di bouganville, ti riportava come per magia al cortile. Erache trascorrevo i pomeriggi con gli amici cimentandoci in giochi “estremi”, come nascondino, un due tre stella o palla avvelenata!
Da casa tutto era vicino: il mare, il Parco, il centro della città, i giardinetti, le pinete, i negozi. Uscivamo a piedi o in bici.
L'architettura, le sue forme pure e semplici hanno sempre accompagnato le mie passeggiate, hanno giocato insieme a me. Come in quella piazza , dove la trama fitta di linee bianche, che ne disegnava la pavimentazione, suggeriva a noi bambini di spostarci solo su di esse, come se fosse un gioco, come se il resto fosse lava incandescente e quelle linee le uniche vie di salvezza; i "rotoli" (blocchi di travertino circolari con al centro delle fioriere) e la fontana venivano presi d'assalto, anche loro facevano parte del gioco; le sedute in legno custodivano nelle fessure, tra una tavola e l'altra, un tesoro...quello di ogni bambino distratto passato di lì.
Tutta la città nel suo insieme evoca tranquillità, quiete assoluta, quasi inquietante come le Muse di De Chirico. Ed è effettivamente legata ai suoi dipinti, la poetica della città. In particolare ad una serie di quadri dipinti da Giorgio De Chirico tra il 1909 e il 1918, Le Piazze d'Italia. Sabaudia è metafisica costruita. Fondata nel 1933, la sua architettura fa riferimento al Movimento Razionalista e ogni suo angolo offre viste incantevoli e scenari molto simili a quelli rappresentati dall'artista. Ad un incrocio, vicino al centro, un edificio spicca fra tutti per le sue tinte audaci, non in linea con quelle del resto della città, e per le sue forme aerodinamiche. Ed è senza dubbio uno dei luoghi della città che ha lasciato un' impronta nella mia memoria. Le tessere di colore azzurro mi ricordo che già si staccavano dal muro...resistevano ancora i massicci cordoli in marmo rosso Siena delle finestre e della scala esterna, vera protagonista di tutta l'opera. Mi ricordo quando era ancora il Palazzo delle Poste e mia madre ci andava a pagare le bollette. Nell'attesa lo esploravo da cima a fondo e, quando ero lì solo di passaggio, il mio occhio non poteva rimanerne indifferente.
Ci tengo a raccontare un altro luogo di Sabaudia che ho impresso nella memoria. Lo stabilimento storico dove mio padre e mia madre mi portavano tutte le estati. Si scendeva alla spiaggia camminando su una lunga passerella a gradoni in mezzo alla folta vegetazione delle dune che non ti lasciava intravedere nulla. Solo a metà strada, dopo quell'attesa in cui ti chiedevi "chissà come sarà il mare oggi?", finalmente appariva con la sua forza immensa. A sud, sulla sinistra, ecco che appariva anche lei: la quinta di verde e di roccia del Circeo. Sul mare diventa una scogliera a picco, dal profilo vagamente umano, la "maga Circe" che, secondo alcune leggende, anticamente abitava il monte ed è un po’ il nume tutelare della zona.
Ma il vero luogo impressionante del lido erano le cabine di cemento, aggregate come a formare un villaggio. Dipinte con il colore dell'argilla, si accordavano con il pavimento di mattonelle in cemento, simili alla pietra, che si mescolavano in un cromatismo che variava dall'arancio, al rosa salmone, al ramato. Si aprivano sulla spiaggia dorata, e risaltavano sul verde delle dune. Il quadro era diverso se ti trovavi all'interno, tra le "case" del villaggio e il panorama intorno a te era nascosto dai muri arancioni: l'unico contrasto ce l'avevi con il cielo, bianco o azzurro che fosse, era uno spettacolo, metafisico anche quello.
Ma queste architetture affascinanti non sono nulla in confronto all'atmosfera che si vive nelle sere di settembre, quando le spiagge e le strade diventano meno affollate, il clima più fresco e il cielo si accende di mille colori. Così, pensando a Sabaudia, mi viene in mente quella città invisibile di cui parla Calvino, quella in cui "sessanta cupole d'argento, statue di bronzo e vie lastricate in stagno non contano quanto la capacità che questa ha, in una sera di settembre, di far provare, in chi la guarda, invidia per quelli che ora pensano di aver vissuto una sera uguale a questa e d'essere stati quella volta felici".









martedì 8 marzo 2016

Primo S.A.L. (Stato Avanzamento Lavori)




Benvenuta me!

Benvenuti anche voi!
Iniziamo questo blog...

Purtroppo o per fortuna ho perso i file delle tavole del vecchio laboratorio, perciò ho improvvisato un collage di foto delle tavole stampate.
Il "quadro" richiesto per l'esame vuole rappresentare il progetto ambientato in un quadro di De Chirico e rubarne l'atmosfera metafisica.