giovedì 26 maggio 2016
giovedì 5 maggio 2016
Partnership al progetto
Come Partner reali al progetto ho scelto il CRS (Centro studi e iniziative per la Riforma dello Stato) che si caratterizza per la capacità di stimolare il dibattito tra partiti, istituzioni e studiosi di diversa estrazione e cultura politica, per la collaborazione con istituti di ricerca e le analisi sulle trasformazioni della società, e l'Arci ( Associazione Ricreativa Culturale Italiana) la più grande associazione italiana indipendente di promozione sociale. Queste due associazioni, lo scorso 16 aprile hanno organizzato un'evento molto interessante dal titolo I BENI DI ROMA "le energie sociali sul diritto alla città". Quattro tavoli di lavoro per un confronto partecipato per discutere e mettere in campo nuove idee su cultura beni comuni, rigenerazione urbana, spazi, inclusione e accoglienza, amministrazione condivisa e partecipazione.
Nel tentativo di soddisfare bisogni sociali è necessario dare vita a relazioni e nuove collaborazioni, ripartendo proprio da quelle attività culturali disseminate in micro e auto-produzioni che vantano un livello qualitativo più alto di quelle "ufficiali, dall'auto-imprenditoria basata sullo sviluppo locale sostenibile e sull'innovazione alle pratiche locali di solidarietà che oggi vivono un nuova stagione di creatività.
Con la tecnica della "comare" , proprio tra i banchi universitari di questo laboratorio, sono riuscita a intervistare Alfonso Avvisati, presidente di dell' officina culturale "Arci La Freccia". L'associazione nasce nella piccola e disagiata realtà di Aprilia, poco distante da Roma, e promuove realmente lo sviluppo culturale attraverso progetti sociali, corsi di insegnamento, eventi di vario genere (ma soprattutto musicali) da molti anni a questa parte. Grazie a loro è stato riqualificato un ex mattatoio comunale abbandonato, ora sede dell'associazione, dove si svolgono numerose attività culturali e ricreative.
L'intervista:
Innanzitutto qualche domanda di
carattere personale per una breve presentazione:
Che studi ha fatto? Quali sono le sue
passioni e interessi? Che ruolo ricopre nell'Associazione La Freccia
e da quanto tempo? Che ruolo ha avuto nella sua costituzione?
Ho studiato presso l’Università
degli Studi di Roma “La Sapienza” e mi sono laureato nel 2006 in
Arti e Scienze dello Spettacolo Digitale. Le mie passioni sono molte,
ma ruotano quasi tutte intorno alle arti visive e sonore. Ricopro
dallo scorso settembre la carica di Presidente dell’ass. “Arci La
Freccia” dopo esserne stato Vice Presidente per sette anni.
In termini di Attività invece
occupo la carica di Direttore Artistico e Gestore del Circolo e delle
risorse umane.
L'Ex Mattatoio nasce da un opera
di riqualificazione promossa dall' Associazione Arci La Freccia al
fine di mettere a disposizione della città un luogo per
l'esposizione e la produzione di contenuti culturali. Come è
avvenuta l' individuazione dell'area? I cittadini hanno partecipato
alla scelta finale? Quali problematiche avete affrontato per
l'acquisizione e l'apertura effettiva al pubblico? Il comune ha
finanziato/finanzia il progetto?
Era un posto
completamente abbandonato, Il mattatoio della nostra città appunto.
Uno spazio comunale, in disuso da tanti anni che insieme ad un gruppo
di amici siamo riusciti pian piano a recuperare.
A spese nostre
e attraverso bandi di concorso per la Cultura che siamo riusciti a
vincere, abbiamo investito in quel posto per la cultura. Quindi nelle
attrezzature per migliorare lo spazio che era pieno di muffa e ferro
vecchio. Ora invece si fa musica live, mostre fotografiche,
proiezioni, corsi di musica, sala prove. C’è inoltre uno studio di
registrazione e di montaggio video. Una molteplicità di attività.
Gestiamo anche un orto comunale con il quale facciamo dei progetti
con i bambini delle scuole e delle cene sociali.
Il Comune nei
nostri primi anni di attività non ha finanziato la nostra
associazione, mentre negli ultimi anni si sono avviate delle
collaborazioni importanti, come ad esempio lo studio di registrazione
e di montaggio video a cui facevo riferimento prima, che viene
gestito dal Comune di Aprilia ma attraverso il nostro partenariato
tecnico.
L'Arci La Freccia vanta di essere
un'officina culturale di riferimento nel Lazio e un network di
avanguardia su territorio nazionale. A metà strada tra Roma e
l'Agro Pontino in che modo attiva una #rete di connessioni con la
capitale, la provincia e il resto del territorio?
Siamo stati una
delle Officine Culturali della Regione Lazio Dal 2006 al 2011. Ora ci
sosteniamo da soli attraverso le stesse attività anche se ogni tanto
proviamo comunque a partecipare ai pochi Bandi per la cultura a
disposizione nella speranza di poter sostenere meglio le iniziative.
Con la Capitale
dialoghiamo abbastanza. Molti degli artisti che vengono da noi, sono
anche artisti romani, band, musicisti, e quant'altro. Negli ultimi
anni poi grazie anche a gruppi musicali di rilievo abbiamo
incrementato molto il numero di soci che vivono nella Capitale.
Discorso ancora
più significativo per quello che riguarda la provincia di Latina,
che è un territorio che sentiamo nostro, nonostante le tante
problematiche e con il quale ci confrontiamo quotidianamente
L' Ex Mattatoio ha mai collaborato
con altre Associazioni, Centri o Enti locali per l'organizzazione di
eventi?
Collaboriamo
continuamente con associazioni sia del territorio e che delle zone
limitrofe. Attualmente per esempio stiamo collaborando con
un’associazione che si chiama “Senza Confine di Aprilia”, che
si occupa dell'accoglienza dei migranti e di sostenere queste persone
che vivono sul territorio ma che provengono da paesi lontani. Da poco
hanno fondato anche una cooperativa con queste donne straniere che
cucinano e organizzano delle cene solidali spesso anche presso la
nostra sede. Collaboriamo poi con un'associazione di Anzio che si
Chiama “Camera Work” e che si occupa di fotografia. Con loro c’è
una collaborazione che li vede impegnati nel curare mostre di
fotografia e proiezioni presso l’ex Mattatoio.
Secondo la psicologia sociale l'
#ambiente influenza il #comportamento... secondo lei l'
Associazione, da quando ha un “luogo fisico da abitare e
condividere con altre realtà sul territorio”, ha cambiato il modo
di agire e pensare della #comunità in cui si trova?
Assolutamente.
Proprio perchè questo spazio è diventato una realtà solida e
duratura come in nessune o pochissime altre nel territorio. Molte nel
giro di pochi anni sono sparite facendo tre o quattro eventi l'anno.
Noi ne facciamo tre o quattro eventi a settimana da quindici anni.
La tessera ha
molte convenzioni, ad esempio da diritto a sconti in alcune librerie
e musei, sconti per studenti. Un ragazzo di provincia va spesso anche
a Roma il fine settimana e la tessera che ha fatto nella nostra
associazione vale anche negli innumerevoli circoli della capitale.
L'Ex Mattatoio di Aprilia promuove
attività musicali e di spettacolo rivolte alla #comunità in
generale. L'Ex Mattatoio è Circolo ma anche Edutainment. Ci può
spiegare quali attività e servizi offerti caratterizzano le due
qualifiche?
La nostra è
una vera associazione culturale no profit, nel senso che tutte le
attività svolte lì dentro vengono fatte a carattere volontario o
attraverso piccoli rimborsi spese dal direttivo dell’associazione e
da alcuni soci collaboratori oltre che da altre associazioni come
detto prima. Tutto quello che risulta essere l’introito annuale
viene rinvestito sulle attività e sulle attrezzature necessarie.
In termini di distribuzione delle
attività e accessibilità degli spazi com'è organizzato l'Ex
Mattatoio? (Quanti spazi sono destinati ad uso ricreativo,
formativo, quanti ad uso amministrativo o commerciale. Se ci sono
aree ad ingresso libero o a soli tesserati, o accesso limitato in
particolari orari o giorni della settimana)
L'accessibilità è riservata ai
soli soci. All’interno degli spazi è presente una sala concerti,
una sala prove, una sala bar, un internet cafè. Difronte a questo
blocco sono presenti altri spazi dove sono stati organizzati un
ufficio, una sala corsi e lo studio di registrazione.
mercoledì 13 aprile 2016
Extempore
Mi ritengo soddisfatta del lavoro svolto in classe. Giocare con i pezzi della scacchiera (che ho modificato per la difficoltà di procedere con quella scelta in precedenza) sul plastico dell'area è stato molto di aiuto e fonte di ispirazione. Come ho già detto ho cambiato scacchiera e quindi anche il progetto che comunque non si discosta troppo per certi versi da quello di Anselmi. Se nelle Case parcheggio a Testaccio la fenditura e il percorso ascensionale volevano citare il Monte a pochi passi , l'università femminile EWHA a Seul di Dominique Perrault dimostra l'interesse dell' architetto per un' architettura "scavata" che integri architettura "costruita" e architettura del paesaggio. La collina artificiale tagliata in due da una scalinata monumentale (che collega le due metà del canyon) svela una struttura semi-ipogea. Una "valle nascosta". Questo probabilmente il bang dell'opera!
Le caratteristiche quindi si adattano bene all'area scelta (la 64) ma anche con l'idea dello spazio scavato nel sottosuolo che volevo riprendere per citare le forre e le vie cave del paesaggio etrusco con cui mi trovo in stretto contatto.
Il percorso lineare del Campus Ewha l'ho spezzato appunto per riprendere l'irregolarità di questi affascinanti percorsi viari. Specie nelle forre, percorse e scavate da piccoli corsi d'acqua, affluenti del Tevere. L'edificio potrebbe fare da ponte sul rivolo dell' Aniene che separa l'area (di proprietà comunale) con il Parco dell'Inviolatella e far entrare proprio l'acqua nel progetto, nella spaccatura "citazione".
Ora però prima di procedere devo chiarirmi le idee sul programma di mixitè. Sarebbe anche il caso...
giovedì 7 aprile 2016
Scacchiera - Case parcheggio A. Anselmi
L'idea è quella di riprendere il movimento zig zag orizzontale della facciata, anche in verticale per ricreare il movimento irregolare della pareti rocciose delle forre e delle vie cave. Per fare ciò ho pensato di utilizzare la maglia strutturale dell'edificio e in particolare i punti di intersezione tra le travi e i pilastri e di spostarli in avanti o indietro. Nel plastico ho utilizzato delle forme metalliche che ho inserito al posto di alcuni pilastri per far capire il concetto.
martedì 5 aprile 2016
Gli anni dei contesti e dei palinsesti: 1978-87
Per la scelta dell'opera
sono andata alla ricerca di una principale caratteristica
catalizzante che potesse avere qualche pertinenza con l'area
d'intervento. Il lotto, confinando con l'estremità sud del Parco di
Veio, ne segna la soglia di ingresso meridionale, quello più vicino
al centro abitato di Roma. A questa caratteristica, già di forte
ispirazione, se ne aggiungono altre importanti di carattere storico,
naturalistico e paesaggistico di origine etrusca. In particolare le
profondissime spaccature naturali solcate da corsi d'acqua e gli
affascinanti percorsi viari a cielo aperto scavati nelle colline di
tufo dagli etruschi.
L'opera
è di Alessandro Anselmi. Il progetto per le Case Parcheggio al Monte
Testaccio del 1984 è significativo del suo modo di operare. Qui
storia e memoria diventano “materiali vivi” del progetto.
Ma
facciamo prima un passo indietro.
Nella
Roma del 1978 succedono due fatti storici: l'elezione di un papa
polacco e il rapimento e uccisione di Aldo Moro, che in qualche modo
accelerano la crisi del blocco est europeo da una parte e degli
pseudo-valori delle Brigate Rosse. Nell'architettura, gli anni
ottanta sono gli anni della consapevolezza: le risorse del pianeta
vanno adoperate con parsimonia e la città non può estendersi
all'infinito. Un'attenzione mai esercitata prima investe l'ambiente,
il rapporto con il luogo , con i materiali e le sue forme. La parola
chiave del momento è “contesto”. Il contesto inteso come
morfologia del luogo ma anche come quadro sociale, storico e
culturale. La combinazione di questi due significati, in alcuni casi,
evolve l'idea di contesto nell'idea di “campo”, di tessitura nel
quale la nuova architettura si va a inserire. La mostra “Roma
interrotta” avvenuta nella capitale, sempre nel 1978 è un momento
significativo dibattito sull'architettura. La mostra è appoggiata
dal sindaco Giulio Carlo Argan che in quel periodo, grazie ad eventi
culturali nei pressi di alcuni monumenti della città, contribuisce a
reinserire il patrimonio storico e artistico romano nella vita
culturale della popolazione. La partecipazione di 12 architetti noti
rende l'operazione significativa a livello internazionale. A ciascuno
viene richiesta una reinterpretazione della Pianta del Nolli, la
prima rappresentazione scientifica della città di Roma (1748). La
pianta mette in evidenza la capacità dell'architettura di creare lo
spazio urbano, e quindi la “scena” urbana barocca.
C'è
chi usa l'occasione semplicemente come campo auto-rappresentativo
(Rossi,Stirling, Graves, R. Krier) o per mettere in campo alcune
personali teorie di impronta utopica : la neourbanizzazione rurale di
Dardi; gli “attrattori urbani” che apre le porte alla campagna
romana di Giurgola. Antonie Grumbach coglie la condizione sezionale
dell'architettura di Roma che si ritrova nella stratificazione dei
piani archeologici, nell'orografia ondulata. Ma la ricerca
progettuale probabilmente più utile la crea Paolo Portoghesi il
quale reinterpreta alcuni aspetti della forma urbis di Roma sul
modello del paesaggio tufaceo che ricorre a nord del Lazio
riproponendo nuove articolazione urbane. La sua proposta riflette su
alcuni aspetti chiave di Roma: l'inevitabile presenza della natura
nella conformazione di uno spazio urbano, lo spazio cavo e la
presenza della sezione come motivo generatore.
Ed
è in questo clima che entrano in gioco Alessandro Anselmi e Franco
Purini , entrambi non invitati alla mostra , entrambi romani ed
entrambi daranno una nuova definizione ai temi sollevati da
Portoghesi. Per Anselmi la storia, il riuso delle tracce della
civilizzazione precedente si proietta nei modi della progettazione
contemporanea. Già nel suo primo progetto rilevante (Il Cimitero di
Parbita) affronta il tema della continuità con la storia.
Il
progetto per le Case parcheggio è stato pensato tenendo in
considerazione tutte le caratteristiche dell'ambiente circostante e
soprattutto della storia della città . Il progetto è pensato per
Testaccio, un quartiere molto caratteristico della città, noto per
essere uno dei pochi che è riuscito a mantenere il suo spirito
popolare nel corso del tempo, e che è stato definito “un paese
all'interno di una città”. Il quartiere ha un aggregato urbano
molto compatto e una vegetazione rilevante che interagisce fortemente
con le aree edificate. Il Monte Testaccio non solo imbosca e
ottimizza il quartiere , ma influenza anche in maniera diretta la
Residenza. Il monte, creato artificialmente dall'accumulo dei cocci
rotti che gli antichi depositavano dai magazzini del vicino porto
fluviale, è solcato da un percorso ascensionale che diventa
l'episodio, la citazione, il collegamento che Anselmi ricerca. Il
Bang dell'opera è il percorso ascensionale a cielo aperto che si
sviluppa attraverso un tema distributivo in voga in quegli anni che
vede un corpo lineare con due corpi di fabbrica ai lati di una strada
centrale. La facciata sud mostra la connessione dei due edifici con
una grande rampa pedonale interna interconnessa con le
strade-ballatoio, in maniera tale da permettere un maggior scambio
possibile, che si conclude con uno spazio verde interno. Tutta la
struttura rappresenta uno “spazio prospettico” architettonico ed
evidenzia con chiarezza l'intenzione di rappresentare la salita al
Monte Testaccio, la tensione verso l'alto e l'andamento compresso e
spezzato.
La
distribuzione è rivolta all'interno della cosiddetta “linea a
notevole spessore”; gli affacci sono all' esterno. Sul fronte, gli
episodi formali (balconi, cubo svuotato dell'ingresso) sono disposti
asimmetricamente rispetto al telaio gigante che li inquadra e una
gradinata è addossata ala base della facciata. “Il retro, invece,
vede l'inserimento di otto volumi in aggetto che ricordano alcune
ricerche in chiave metafisica. Sfondo ai diversi episodi plastici è
una facciata neo-barocca che fa vibrare la parete attraverso
l'andamento a zig zag degli elementi vetrati contro la rigida
orizzontalità dei pannelli e dei frangisole”
(http://www.arc1.uniroma1.it/saggio/raccolta/21Anselmi/21NSELMI.Htm
Nell'organizzazione
interna Anselmi ha voluto unire l'autonomia e l'integrazione tra gli
appartamenti, utilizzando spazi pubblici come tessuto connettivo tra
gli alloggi. Per essere autonomo e contemporaneamente collegato alla
comunità del quartiere si compone anche di parcheggio, sale
riunione, proiezione, un eventuale luogo per la biblioteca,
lavanderia, ristorante e caffè.
Analizzando
l'opera nel suo insieme, si può dire che Anselmi abbia cercato una
buona composizione architettonica, ma anche la continuità,
l'accessibilità e, a suo modo, la sostenibilità. L'edificio propone
un'unità abitativa che risponde ad un nuovo modo di abitare, dove le
culture e la società contemporaneamente si integrano e si fondo con
la comunità del quartiere.
Analizzando
l'opera nel suo insieme, si può dire che Anselmi abbia cercato una
buona composizione architettonica, ma anche la continuità,
l'accessibilità e, a suo modo, la sostenibilità. L'edificio propone
un'unità abitativa che risponde ad un nuovo modo di abitare, dove le
culture e la società contemporaneamente si integrano e si fondo con
la comunità del quartiere.
Se
per l'operazione di Alessandro Anselmi il referente remoto lo
ritroviamo nell' architetto romano del cinquecento Pirro Ligorio (
Casino di Pio IV ), per Franco Purini è senza dubbio Gianbattista
Piranesi. Purini ne ha la stessa carica visionaria, ha lo stesso
inevitabile misurarsi con lo strato archeologico nel suo articolo sui
paesaggi italiani divide l'Italia in tre parti, per ciascuna delle
quali vede alcuni motivi ricorrenti: a nord prevale la pianta ,
nella magnagrecia il prospetto, mentre al centro, a Roma, vince la
sezione, nell'idea stessa di stratificazione, di strati frammentari e
nei caratteri del paesaggio.
Il
tema posto al centro della ricerca nel corso degli anni ottanta è il
rapporto tra architettura e spazio pubblico. Il tema è molto sentito
anche a Berlino, dove l'isolato diviene il motivo conduttore dei
progetti e la parola chiave diventa la rigida separazione tra fronti
stradali. In Italia il rapporto tra architettura residenziale e città
è guidato dalla “rappresentazione”, dalla sensibilità dei
singoli progettisti. Un esempio molto interessante è quello di Gino
Valle che elabora un sistema insediativo che interpreta la trama del
tessuto edilizio veneziano. La grande occasione è data dalla
ricostruzione post-terremono a Napoli in cui Purini, Gatti e Dardi
ragionano sul sistema insiediativo a corte napoletano tutti e tre in
maniera diversa.
A
Parigi il progetto Hautes-Formes dell'architetto Cristian Portzamparc
ha un 'interessante successione di spazi urbani e di forme
architettoniche. A Londra il Greatest London Council pone l'accento
sui temi della continuità con la città circostante e
dell'innovazione, espressi sia nei materiali che nelle forme.
La
conseguenza di questo processo evolutivo sta nel progettare lo spazio
pubblico non più come un modello prefigurato.
Negli
anni ottanta vediamo svilupparsi tre principali chiavi di lettura del
contesto.
La
prima deriva dal pensiero di Peter Eisenman. La sua parola chiave è
“palinsesto”.Cerca una nuova declinazione del concetto di luogo,
salito alla ribalta con il Post-mo e ragiona sulla formula dello
“sterro archeologico”, un contesto “concettuale” che fa
riemergere le storie dei luoghi riscoprendo geometrie abbandonate o
perdute. Eisenman rifiuta la riconoscibilità degli elementi per un
valore “collettivo” rivendicato dal movimento Post-mo e persegue
la strada della metafora! L'architettura narra una sua storia. A
Venezia nel 1978 affronta il tema del luogo organizzando il progetto
attraverso una serie di griglie ricavate dalla lettura della città e
delle sue stratificazioni. Il progetto è il primo di una nuova fase
che ha in grembo una nuova interpretazione del contesto, un'idea
architettonica di layer, cioè di sottoinsiemi autonomi.
Il
progetto per il Wexner Center porta con se una nuova importante idea.
L'idea dello spazio “tra” le cose , il “between”. Eisenman si
inventa
un luogo e attraverso una costruzione-percorso trasforma lo spazio di
risulta nel nuovo fulcro del progetto.
Un
altro architetto americano scopre una declinazione ancor diversa e
particolare del contesto che chiamerà cheapscape.
Frank
O. Gehry all'architettura-decorazione sostituisce un'architettura
costruzione” che si connota dellla volontà assemblatoria, libera e
informale. Ghery cerca negli scarti le tracce di una nuova energia.
Il progetto dell'Edgemer Complex (1984) è importante per capire
l'evoluzione delle idee sullo spazio pubblico. L'idea di frattura di
risolve in una fenditura che scava come fa una forra in una massa
tufacea ed è questa articolata struttura spaziale che sorregge
l'insieme (materiali volumi e forme). Ghery lavora sui concetti di
scena urbana. L'architettto mette lo spazio pubblico al centro del
progettare, intuendo che lo spazio cavo è il centro di ogni
composizione urbana e che non solo è conformato dall'architettura ma
può assumere un autonomo valore di arte urbana.
Infine
c'è il contributo originale di Zaha Hadid che influenzerà
l'architettura dei decenni successivi. La Hadid fa coincidere il
contesto esattamente con il paesaggio. L'imprinting nelle stuoie ,
nei vestiti e nei tappeti delinea questa interpretazione del contesto
come tessitura, intreccio. L'origine del suo lavoro è grafica e
pittorica e come dipingere vuol dire rappresentare uno spazio
mentale, uno spazio di relazioni, anche fare architettura è la
traduzione di relazioni astratte, grafiche e concettuali.
L'originalità di questa idea di architettura-paesaggio si comprende
anche da un raffronto in relazione ai coetanei Koolhaas e Tschumi che
lavorano sul concetto di layer e di sottoinsiemi indipendenti. La
Hadid invece realizza una continuità per intreccio di layer, ragiona
sui rapporti tra edificio e città, inventando un nuovo modo di fare
con un edificio, un
landmark
che dinamizza il contesto e nello stesso tempo interpreta il luogo in
maniera geniale.
martedì 29 marzo 2016
IMPRONTE NELLA SABBIA
Se
le coincidenze non fossero solo coincidenze ma custodissero un
messaggio o addirittura il destino di
una persona allora potrei raccontarvi che sono nata il 5 agosto, lo
stesso giorno in cui venne posata la prima pietra di Sabaudia. E fu
proprio Sabaudia ad accogliermi quando avevo qualche giorno appena.
La
città sorge nell'Agro Pontino, una vasta pianura a sud di Roma,
e
si caratterizza per
il suo
litorale di dune sabbiose, inserito
nel
più ampio contesto del Parco Nazionale del Circeo.
Fu
lì che i miei genitori decisero di comprare casa nel 1989, una
settimana prima della mia nascita (il 29 luglio, giorno del mio
onomastico! altra coincidenza!).
Era
il terzo piano di un piccolo residence. Le
ringhiere bianche e gialle delle palazzine spiccavano sul nero delle
mattonelle di cui erano rivestite. C'erano più ingressi,
quello principale
dava sul cortile.
Una volta entrati, vedevi aprirsi nel pavimento in porfido un grande
occhio che dava sul parcheggio sotterraneo. Quand'ero
alta meno di un metro cercavo di arrampicarmi per vedere cosa ci
fosse sotto, ma a
malapena riuscivo a intravedere il pavimento rosso. Una scaletta in
muratura, stretta da far passare una persona per volta, ed un
passaggio, nascosto tra i muri di bouganville, ti riportava come per
magia al cortile. Era
lì che
trascorrevo
i pomeriggi con gli amici cimentandoci
in giochi “estremi”, come nascondino, un due tre stella o palla
avvelenata!
Da
casa tutto era vicino: il mare, il Parco, il centro della città, i
giardinetti, le pinete, i negozi. Uscivamo a piedi o in bici.
L'architettura,
le sue forme pure e semplici hanno sempre accompagnato le mie
passeggiate, hanno giocato insieme a me. Come in quella piazza , dove
la trama fitta di linee bianche, che ne disegnava la pavimentazione,
suggeriva a noi bambini di spostarci solo su di esse, come se fosse
un gioco, come se il resto fosse lava incandescente e quelle linee le
uniche vie di salvezza; i "rotoli" (blocchi di travertino
circolari con al centro delle fioriere) e la fontana venivano presi
d'assalto, anche loro facevano parte del gioco; le sedute in legno
custodivano nelle fessure, tra una tavola e l'altra, un
tesoro...quello di ogni bambino distratto passato di lì.
Tutta
la città nel suo insieme evoca tranquillità,
quiete assoluta, quasi inquietante come le Muse di De Chirico. Ed è
effettivamente legata ai suoi dipinti, la poetica della città. In
particolare ad una serie di quadri dipinti da Giorgio De Chirico tra
il 1909 e il 1918, Le Piazze d'Italia. Sabaudia è metafisica
costruita. Fondata nel 1933, la sua architettura fa riferimento al
Movimento Razionalista e ogni suo angolo offre viste incantevoli e
scenari molto simili a quelli rappresentati dall'artista. Ad un
incrocio, vicino al centro, un edificio spicca fra tutti per le sue
tinte audaci, non in linea con quelle del resto della città, e per
le sue forme aerodinamiche. Ed è senza dubbio uno dei luoghi della
città che ha lasciato un' impronta nella mia memoria. Le tessere di
colore azzurro mi ricordo che già si staccavano dal
muro...resistevano ancora i massicci cordoli in marmo rosso Siena
delle finestre e della scala esterna, vera protagonista di tutta
l'opera. Mi ricordo quando era ancora il Palazzo delle Poste e mia
madre ci andava a pagare le bollette. Nell'attesa lo esploravo da
cima a fondo e, quando ero lì solo di passaggio, il mio occhio non
poteva rimanerne indifferente.
Ci
tengo a raccontare un altro luogo di Sabaudia che ho impresso nella
memoria. Lo stabilimento storico dove mio padre e mia madre mi
portavano tutte le estati. Si scendeva alla
spiaggia camminando su una lunga passerella a gradoni in
mezzo alla folta vegetazione delle dune che non ti lasciava intravedere
nulla. Solo a metà strada, dopo quell'attesa in cui ti chiedevi
"chissà come sarà il mare oggi?", finalmente appariva con
la sua forza immensa. A sud, sulla sinistra, ecco che appariva anche
lei: la quinta di verde e di roccia del Circeo. Sul mare diventa una
scogliera a picco, dal profilo vagamente umano, la "maga Circe"
che, secondo alcune leggende, anticamente abitava il monte ed è un
po’ il nume tutelare della zona.
Ma
il vero luogo impressionante del lido erano le cabine di
cemento, aggregate come a formare un villaggio. Dipinte con il colore
dell'argilla, si accordavano con il pavimento di mattonelle in
cemento, simili alla pietra, che si mescolavano in un cromatismo che
variava dall'arancio, al rosa salmone, al ramato. Si aprivano sulla
spiaggia dorata, e risaltavano sul verde delle dune. Il quadro era
diverso se ti trovavi all'interno, tra le "case" del
villaggio e il panorama intorno a te era nascosto dai muri arancioni:
l'unico contrasto ce l'avevi con il cielo, bianco o azzurro che
fosse, era uno spettacolo, metafisico anche quello.
Ma
queste architetture affascinanti non sono nulla
in confronto all'atmosfera che si vive nelle sere di
settembre, quando le spiagge e le strade diventano meno affollate, il
clima più fresco e il cielo si accende di mille colori. Così,
pensando a Sabaudia, mi viene in mente quella città invisibile di
cui parla Calvino, quella in cui "sessanta cupole d'argento,
statue di bronzo e vie lastricate in stagno non contano quanto la
capacità che questa ha, in una sera di settembre, di far provare, in
chi la guarda, invidia per quelli che ora pensano di aver vissuto una
sera uguale a questa e d'essere stati quella volta felici".
martedì 15 marzo 2016
martedì 8 marzo 2016
Benvenuta me!
Benvenuti anche voi!
Iniziamo questo blog...
Purtroppo o per fortuna ho perso i file delle tavole del vecchio laboratorio, perciò ho improvvisato un collage di foto delle tavole stampate.
Il "quadro" richiesto per l'esame vuole rappresentare il progetto ambientato in un quadro di De Chirico e rubarne l'atmosfera metafisica.
Iniziamo questo blog...
Purtroppo o per fortuna ho perso i file delle tavole del vecchio laboratorio, perciò ho improvvisato un collage di foto delle tavole stampate.
Il "quadro" richiesto per l'esame vuole rappresentare il progetto ambientato in un quadro di De Chirico e rubarne l'atmosfera metafisica.
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