Per la scelta dell'opera
sono andata alla ricerca di una principale caratteristica
catalizzante che potesse avere qualche pertinenza con l'area
d'intervento. Il lotto, confinando con l'estremità sud del Parco di
Veio, ne segna la soglia di ingresso meridionale, quello più vicino
al centro abitato di Roma. A questa caratteristica, già di forte
ispirazione, se ne aggiungono altre importanti di carattere storico,
naturalistico e paesaggistico di origine etrusca. In particolare le
profondissime spaccature naturali solcate da corsi d'acqua e gli
affascinanti percorsi viari a cielo aperto scavati nelle colline di
tufo dagli etruschi.
L'opera
è di Alessandro Anselmi. Il progetto per le Case Parcheggio al Monte
Testaccio del 1984 è significativo del suo modo di operare. Qui
storia e memoria diventano “materiali vivi” del progetto.
Ma
facciamo prima un passo indietro.
Nella
Roma del 1978 succedono due fatti storici: l'elezione di un papa
polacco e il rapimento e uccisione di Aldo Moro, che in qualche modo
accelerano la crisi del blocco est europeo da una parte e degli
pseudo-valori delle Brigate Rosse. Nell'architettura, gli anni
ottanta sono gli anni della consapevolezza: le risorse del pianeta
vanno adoperate con parsimonia e la città non può estendersi
all'infinito. Un'attenzione mai esercitata prima investe l'ambiente,
il rapporto con il luogo , con i materiali e le sue forme. La parola
chiave del momento è “contesto”. Il contesto inteso come
morfologia del luogo ma anche come quadro sociale, storico e
culturale. La combinazione di questi due significati, in alcuni casi,
evolve l'idea di contesto nell'idea di “campo”, di tessitura nel
quale la nuova architettura si va a inserire. La mostra “Roma
interrotta” avvenuta nella capitale, sempre nel 1978 è un momento
significativo dibattito sull'architettura. La mostra è appoggiata
dal sindaco Giulio Carlo Argan che in quel periodo, grazie ad eventi
culturali nei pressi di alcuni monumenti della città, contribuisce a
reinserire il patrimonio storico e artistico romano nella vita
culturale della popolazione. La partecipazione di 12 architetti noti
rende l'operazione significativa a livello internazionale. A ciascuno
viene richiesta una reinterpretazione della Pianta del Nolli, la
prima rappresentazione scientifica della città di Roma (1748). La
pianta mette in evidenza la capacità dell'architettura di creare lo
spazio urbano, e quindi la “scena” urbana barocca.
C'è
chi usa l'occasione semplicemente come campo auto-rappresentativo
(Rossi,Stirling, Graves, R. Krier) o per mettere in campo alcune
personali teorie di impronta utopica : la neourbanizzazione rurale di
Dardi; gli “attrattori urbani” che apre le porte alla campagna
romana di Giurgola. Antonie Grumbach coglie la condizione sezionale
dell'architettura di Roma che si ritrova nella stratificazione dei
piani archeologici, nell'orografia ondulata. Ma la ricerca
progettuale probabilmente più utile la crea Paolo Portoghesi il
quale reinterpreta alcuni aspetti della forma urbis di Roma sul
modello del paesaggio tufaceo che ricorre a nord del Lazio
riproponendo nuove articolazione urbane. La sua proposta riflette su
alcuni aspetti chiave di Roma: l'inevitabile presenza della natura
nella conformazione di uno spazio urbano, lo spazio cavo e la
presenza della sezione come motivo generatore.
Ed
è in questo clima che entrano in gioco Alessandro Anselmi e Franco
Purini , entrambi non invitati alla mostra , entrambi romani ed
entrambi daranno una nuova definizione ai temi sollevati da
Portoghesi. Per Anselmi la storia, il riuso delle tracce della
civilizzazione precedente si proietta nei modi della progettazione
contemporanea. Già nel suo primo progetto rilevante (Il Cimitero di
Parbita) affronta il tema della continuità con la storia.
Il
progetto per le Case parcheggio è stato pensato tenendo in
considerazione tutte le caratteristiche dell'ambiente circostante e
soprattutto della storia della città . Il progetto è pensato per
Testaccio, un quartiere molto caratteristico della città, noto per
essere uno dei pochi che è riuscito a mantenere il suo spirito
popolare nel corso del tempo, e che è stato definito “un paese
all'interno di una città”. Il quartiere ha un aggregato urbano
molto compatto e una vegetazione rilevante che interagisce fortemente
con le aree edificate. Il Monte Testaccio non solo imbosca e
ottimizza il quartiere , ma influenza anche in maniera diretta la
Residenza. Il monte, creato artificialmente dall'accumulo dei cocci
rotti che gli antichi depositavano dai magazzini del vicino porto
fluviale, è solcato da un percorso ascensionale che diventa
l'episodio, la citazione, il collegamento che Anselmi ricerca. Il
Bang dell'opera è il percorso ascensionale a cielo aperto che si
sviluppa attraverso un tema distributivo in voga in quegli anni che
vede un corpo lineare con due corpi di fabbrica ai lati di una strada
centrale. La facciata sud mostra la connessione dei due edifici con
una grande rampa pedonale interna interconnessa con le
strade-ballatoio, in maniera tale da permettere un maggior scambio
possibile, che si conclude con uno spazio verde interno. Tutta la
struttura rappresenta uno “spazio prospettico” architettonico ed
evidenzia con chiarezza l'intenzione di rappresentare la salita al
Monte Testaccio, la tensione verso l'alto e l'andamento compresso e
spezzato.
La
distribuzione è rivolta all'interno della cosiddetta “linea a
notevole spessore”; gli affacci sono all' esterno. Sul fronte, gli
episodi formali (balconi, cubo svuotato dell'ingresso) sono disposti
asimmetricamente rispetto al telaio gigante che li inquadra e una
gradinata è addossata ala base della facciata. “Il retro, invece,
vede l'inserimento di otto volumi in aggetto che ricordano alcune
ricerche in chiave metafisica. Sfondo ai diversi episodi plastici è
una facciata neo-barocca che fa vibrare la parete attraverso
l'andamento a zig zag degli elementi vetrati contro la rigida
orizzontalità dei pannelli e dei frangisole”
(http://www.arc1.uniroma1.it/saggio/raccolta/21Anselmi/21NSELMI.Htm
Nell'organizzazione
interna Anselmi ha voluto unire l'autonomia e l'integrazione tra gli
appartamenti, utilizzando spazi pubblici come tessuto connettivo tra
gli alloggi. Per essere autonomo e contemporaneamente collegato alla
comunità del quartiere si compone anche di parcheggio, sale
riunione, proiezione, un eventuale luogo per la biblioteca,
lavanderia, ristorante e caffè.
Analizzando
l'opera nel suo insieme, si può dire che Anselmi abbia cercato una
buona composizione architettonica, ma anche la continuità,
l'accessibilità e, a suo modo, la sostenibilità. L'edificio propone
un'unità abitativa che risponde ad un nuovo modo di abitare, dove le
culture e la società contemporaneamente si integrano e si fondo con
la comunità del quartiere.
Analizzando
l'opera nel suo insieme, si può dire che Anselmi abbia cercato una
buona composizione architettonica, ma anche la continuità,
l'accessibilità e, a suo modo, la sostenibilità. L'edificio propone
un'unità abitativa che risponde ad un nuovo modo di abitare, dove le
culture e la società contemporaneamente si integrano e si fondo con
la comunità del quartiere.
Se
per l'operazione di Alessandro Anselmi il referente remoto lo
ritroviamo nell' architetto romano del cinquecento Pirro Ligorio (
Casino di Pio IV ), per Franco Purini è senza dubbio Gianbattista
Piranesi. Purini ne ha la stessa carica visionaria, ha lo stesso
inevitabile misurarsi con lo strato archeologico nel suo articolo sui
paesaggi italiani divide l'Italia in tre parti, per ciascuna delle
quali vede alcuni motivi ricorrenti: a nord prevale la pianta ,
nella magnagrecia il prospetto, mentre al centro, a Roma, vince la
sezione, nell'idea stessa di stratificazione, di strati frammentari e
nei caratteri del paesaggio.
Il
tema posto al centro della ricerca nel corso degli anni ottanta è il
rapporto tra architettura e spazio pubblico. Il tema è molto sentito
anche a Berlino, dove l'isolato diviene il motivo conduttore dei
progetti e la parola chiave diventa la rigida separazione tra fronti
stradali. In Italia il rapporto tra architettura residenziale e città
è guidato dalla “rappresentazione”, dalla sensibilità dei
singoli progettisti. Un esempio molto interessante è quello di Gino
Valle che elabora un sistema insediativo che interpreta la trama del
tessuto edilizio veneziano. La grande occasione è data dalla
ricostruzione post-terremono a Napoli in cui Purini, Gatti e Dardi
ragionano sul sistema insiediativo a corte napoletano tutti e tre in
maniera diversa.
A
Parigi il progetto Hautes-Formes dell'architetto Cristian Portzamparc
ha un 'interessante successione di spazi urbani e di forme
architettoniche. A Londra il Greatest London Council pone l'accento
sui temi della continuità con la città circostante e
dell'innovazione, espressi sia nei materiali che nelle forme.
La
conseguenza di questo processo evolutivo sta nel progettare lo spazio
pubblico non più come un modello prefigurato.
Negli
anni ottanta vediamo svilupparsi tre principali chiavi di lettura del
contesto.
La
prima deriva dal pensiero di Peter Eisenman. La sua parola chiave è
“palinsesto”.Cerca una nuova declinazione del concetto di luogo,
salito alla ribalta con il Post-mo e ragiona sulla formula dello
“sterro archeologico”, un contesto “concettuale” che fa
riemergere le storie dei luoghi riscoprendo geometrie abbandonate o
perdute. Eisenman rifiuta la riconoscibilità degli elementi per un
valore “collettivo” rivendicato dal movimento Post-mo e persegue
la strada della metafora! L'architettura narra una sua storia. A
Venezia nel 1978 affronta il tema del luogo organizzando il progetto
attraverso una serie di griglie ricavate dalla lettura della città e
delle sue stratificazioni. Il progetto è il primo di una nuova fase
che ha in grembo una nuova interpretazione del contesto, un'idea
architettonica di layer, cioè di sottoinsiemi autonomi.
Il
progetto per il Wexner Center porta con se una nuova importante idea.
L'idea dello spazio “tra” le cose , il “between”. Eisenman si
inventa
un luogo e attraverso una costruzione-percorso trasforma lo spazio di
risulta nel nuovo fulcro del progetto.
Un
altro architetto americano scopre una declinazione ancor diversa e
particolare del contesto che chiamerà cheapscape.
Frank
O. Gehry all'architettura-decorazione sostituisce un'architettura
costruzione” che si connota dellla volontà assemblatoria, libera e
informale. Ghery cerca negli scarti le tracce di una nuova energia.
Il progetto dell'Edgemer Complex (1984) è importante per capire
l'evoluzione delle idee sullo spazio pubblico. L'idea di frattura di
risolve in una fenditura che scava come fa una forra in una massa
tufacea ed è questa articolata struttura spaziale che sorregge
l'insieme (materiali volumi e forme). Ghery lavora sui concetti di
scena urbana. L'architettto mette lo spazio pubblico al centro del
progettare, intuendo che lo spazio cavo è il centro di ogni
composizione urbana e che non solo è conformato dall'architettura ma
può assumere un autonomo valore di arte urbana.
Infine
c'è il contributo originale di Zaha Hadid che influenzerà
l'architettura dei decenni successivi. La Hadid fa coincidere il
contesto esattamente con il paesaggio. L'imprinting nelle stuoie ,
nei vestiti e nei tappeti delinea questa interpretazione del contesto
come tessitura, intreccio. L'origine del suo lavoro è grafica e
pittorica e come dipingere vuol dire rappresentare uno spazio
mentale, uno spazio di relazioni, anche fare architettura è la
traduzione di relazioni astratte, grafiche e concettuali.
L'originalità di questa idea di architettura-paesaggio si comprende
anche da un raffronto in relazione ai coetanei Koolhaas e Tschumi che
lavorano sul concetto di layer e di sottoinsiemi indipendenti. La
Hadid invece realizza una continuità per intreccio di layer, ragiona
sui rapporti tra edificio e città, inventando un nuovo modo di fare
con un edificio, un
landmark
che dinamizza il contesto e nello stesso tempo interpreta il luogo in
maniera geniale.